A seguito delle polemiche sorte
attorno alla preghiera itinerante della comunità musulmana di Renate
e dei comuni limitrofi, abbiamo deciso di andare a parlare con i
responsabili dell’associazione La Pace, che da anni gestisce la
moschea di Renate. Ci ha accolto Aziz Lakraidi, presidente
dell’associazione, con cui abbiamo avuto l’opportunità di
riflettere sul problema della sala di preghiera, ma anche sul
fenomeno più ampio dell’immigrazione. Per parlare di Islam, di
comunità, di integrazione e di speranza.
C:
Come prima cosa, volevamo chiedervi di cosa si occupa la vostra
associazione, in che comuni siete residenti e da quali paesi venite e
soprattutto quali sono le attività culturali che organizzate.
Stiamo
cercando di integrarci nella cultura italiana in modo corretto, in
modo giusto, senza però staccarci dalla nostra cultura, che è
l'Islam.
La
maggior parte della gente dell'associazione, diciamo il 98%, viene
dal Marocco, ed è residente a Briosco, Verano, Giussano, Nibionno,
Renate, Besana, Cassago. Noi, in questo locale, insegniamo ai bambini
la lingua araba, così che, in futuro, chissà, se i nostri bambini
tornano in Marocco, non trovino il problema di aver perso la lingua
madre. Noi insegniamo la nostra lingua, che è sempre quella
italiana, e in più quella araba. I bambini stanno studiando la
cultura islamica al modo della comunità europea.
Ci
mostra dei libri di arabo per bambini, con il logo della comunità
europea al centro della copertina
C:
Ci sono tanti bambini che seguono questo corso?
Sì,
bambini mischiati,
dal Congo, dal Senegal, dalla Somalia, bambini egiziani, tunisini,
algerini, in totale saranno 60. Divisi in due classi, da 30 ciascuno.
C:
Il motivo per cui abbiamo deciso di organizzare quest'intervista è
la polemica che è nata riguardo alla sala di preghiera e alla
preghiera itinerante che avete fatto prima davanti al comune di
Renate, poi al centro sportivo di Besana. Volevamo chiedervi di
spiegare il senso di questo gesto.
Questa
associazione, che raccoglie la comunità musulmana, è nata nel 1999,
e da allora hanno sempre pregato, senza problema. L'ex presidente ha
fatto la richiesta di cambio di destinazione della sala, ad uso
culturale, già nel 2004. Ora che ci hanno fatto il condono, possiamo
stare massimo in trenta. All'inizio ho scelto di chiudere il locale e
basta. Se no al primo venerdì arriva il vigile, fa la multa e
chiudono il locale.
Al
primo venerdì la gente è rimasta fuori, al secondo venerdì la
gente è andata davanti al comune. Non per fare la preghiera, solo
per parlare. Però non so com'è andata, poi la gente ha pregato. Non
sarebbe dovuto succedere, però è capitato, nessuno è perfetto.
Poi
io ho parlato col maresciallo dei carabinieri per i venerdì
successivi, per la preghiera. Il maresciallo ha parlato direttamente
col sindaco di Besana, ha parlato con il prefetto. Lui mi ha detto:
“guarda ho parlato con il maresciallo, andate là a pregare”.
Avevo la sua parola.
Ho chiesto: “maresciallo, mi dà almeno due righe scritte?”, lui
ha detto “guarda, sono responsabile io”.
E
basta. Dopo sono tornato a casa e ho cercato una soluzione, perché
ho visto che il problema è uscito dalla nostra strada.
Ha cominciato la lega nord, eccetera. Allora meglio tenere le cose in
ordine. Ho scelto di fare i gruppi.
Questa
scelta è un po' pesante per me. Prima cosa perché la gente non è
abituata a fare i gruppi. Da 13 anni la gente prega in un modo,
cambiarlo è difficile.
C:
Quindi adesso vi siete divisi per turni?
Sì,
sì, 30 alla volta. Io controllo sempre, non bisogna superare, perché
sono responsabile, non voglio fare casini. La comunità musulmana
rispetta le regole, anche se è un peso.
J:
Hai detto che siete in 120?
Normalmente
siamo più di 200. Quando ho fatto i gruppi il 40% è andato in altri
comuni, a Costa Masnaga. Saranno 120-150 le persone che vengono ora.
C:
Ma questa è una soluzione temporanea? Volete continuare a portare
avanti la richiesta di un altro spazio?
La
comunità non può andare avanti così. Secondo la nostra religione,
venerdì non puoi dividere la preghiera in 4 o 5 parti. Durante la
settimana non abbiamo problemi, perché non è obbligatorio pregare
alla moschea. Puoi pregare anche nella tua casa. Però venerdì è
un'altra cosa, viene tutta la comunità.
Poi
si creano anche problemi di lavoro. La maggior parte sono operai, noi
abbiamo quella oretta [di pausa pranzo, ndr] da mezzogiorno
all'una, non facciamo in tempo.
Adesso
aspettiamo la soluzione dei sindaci della zona.
C:
Quindi servirebbe uno spazio più grande, o almeno più spazi nei
vari comuni.
Speriamo.
Però anche uno spazio a rotazione nei vari comuni non va bene.
Questo venerdì a Veduggio, l'altro a Besana.. è pesante, veramente.
Vorrei che qualcuno dei sindaci ci desse uno spazio, un giardino, un
parcheggio, un centro sportivo. Non è per sempre: magari un giorno
compreremo un pezzo di terra, un capannone.
C:
Ma creare invece una sala di preghiera permanente in ogni comune,
potrebbe essere una soluzione?
Se
tutti i sindaci vogliono, per non prendere la colpa,
[di concedere uno spazio adeguato?, ndr]
ogni comune può fare una comunità piccola. Però secondo me non va
bene. Per essere una cosa libera, il presidente di un'associazione
deve controllare la gente che entra. Noi siamo in 5 attivi
nell'associazione, se ci dividiamo in 6 o 8 chi controlla le persone?
È difficile gestirla. Perché il mondo è cattivo e bravo, te lo
dico, i musulmani non sono perfetti, però almeno noi controlliamo,
facciamo fare bella figura ai musulmani.
Poi,
se si fa il calcolo che a Besana ci sono 30 famiglie e si decide di
dare un locale per 30-40 persone, non sarà abbastanza, dato che
nella famiglia musulmana ci sono 5 o 6 persone per un totale di 150.
Se si parla di Renate è peggio perché lo sanno tutti che ci sono
più di 50-60 famiglie di extracomunitari. Anche se tieni in conto
200 persone, saranno 300-400, senza contare le donne. Perché qui
pregano solo gli uomini, non c’è uno spazio per le donne o per i
bambini.
J:
Ma le bambine vengono a scuola?
Sì,
sì, certo, vengono anche alla moschea, ma non c’è spazio.
C:
Questa questione della sala di preghiera ha messo in luce il problema
dell’integrazione e della convivenza tra persone di cultura e
religione differente. Cosa direste per affrontare la diffidenza che a
volte emerge nei confronti della religione musulmana? Cosa può dirci
l’islam sul tema dell’integrazione?
L’islam
dice che tu in questo paese devi rispettare le regole, ed è quello
che ho fatto io [per la sala di preghiera, ndr], però nello
stesso momento ho cercato di andare avanti per risolvere il problema.
Non si deve andare di fronte al comune a pregare, non va bene, la
comunità musulmana ha sbagliato, nessuno è perfetto. Sicuramente in
futuro parleremo con il sindaco e il prefetto per risolvere il
problema.
J:
Il problema è che a volte la diffidenza della gente dei paesi della
zona nasce anche dal fatto che non si conosce cos’è l’islam e
dunque si hanno pregiudizi.
Hai
ragione, ma la comunità è stata in questi 6 comuni dal 1990 fino ad
adesso, e non credo che abbia dato una bella immagine, se no adesso
avremmo trovato la strada libera. Perché dal 1990 la comunità si
sarebbe dovuta muovere, andare a bussare alle porte, integrarsi,
parlare con il prefetto, con i sindaci.
La
gente all’inizio non è venuta qui per queste cose, per la cultura,
per creare scuole di arabo, non era questa l’idea. Sono venuti qui
per lavorare. Si pensava: “io non posso perdere neanche una
mezz’ora di lavoro”. Per questo siamo stati chiusi così per
dieci anni. La gente aveva l’idea di lavorare, raccogliere un po’
di soldi e tornare, ma l’idea è sbagliata, la situazione è
cambiata. Non voglio parlare per tutti i paesi, parlo per i
marocchini: il 90% è qui con le mogli e i bambini, e ormai in
Marocco si torna solo per 20 giorni nelle vacanze. Allora diventa
obbligatorio aprirsi, qui, anche per il pubblico italiano.
Noi
non ci fermiamo, andiamo avanti per integrarci, in modo libero, in
modo giusto nella cultura italiana, perché abbiamo i bambini qua.
Vogliamo stare tranquilli per i nostri bambini, vogliamo che si
integrino nella cultura italiana in modo che ogni persona rispetti
anche la loro cultura, allora sicuramente il futuro sarà qualcosa di
bello. Si potrà organizzare la scuola di arabo - “puoi venire
anche tu a imparare l’arabo, se vuoi!”, ci dice - trovare un
aiuto da chi sa la lingua perfettamente, e uscire fuori, fare magari
una mangiata, una festa, cucinare il cous cous. Almeno la gente si
avvicina e vede come viviamo, per integrarsi bene. Si potrò invitare
per esempio il sindaco di Veduggio, il parroco di Besana, per far
vedere una cultura musulmana aperta, in modo moderno.
Speriamo
che ci sarà questa possibilità in futuro. È più facile per quelli
che sono nati qui, nelle scuole sono mischiati, cultura
italiana, cultura musulmana. I nostri bambini sicuramente non
troveranno problemi con gli italiani. Io vedo che le cose sicuramente
in futuro saranno belle.
a cura di Claudia Spinelli e Jacopo Margutti